DR. PAOLO ZUCCONI
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“VAGINISMO”, E' forse QUESTO IL… PROBLEMA?
Tra i disturbi sessuali femminili i sessuologi clinici riscontrano anche le “fobie sessuali”. Dal punto di vista diagnostico le fobie, in generale, rientrano tra i disturbi d’ansia. Una forma di paura non controllata, una paura sproporzionata alla situazione e caratterizzata dall’evitamento della situazione temuta.
Nel caso particolare delle cosiddette “fobie sessuali”, la paura eccessiva, da cui il comportamento di evitamento, riguarda l’accettazione del pene nella propria vagina.
RAPPORTO DOLOROSO O PENETRAZIONE IMPOSSIBILE
Due sono i disturbi di riferimento. Il primo viene definito dispareunia, un rapporto sessuale doloroso durante o dopo la penetrazione.
L’altro disturbo, molto più diffuso e più tipicamente fobico, riguarda l’impossibilità per l’uomo di penetrare la vagina della partner per l’eccessiva resistenza dei muscoli dell’ostio vaginale. “È come un muro!”. Questo è il vaginismo.
Ha un tasso di prevalenza variante dal 2% al 4% e rappresenta il 15% delle disfunzioni sessuali femminili.
Dopo un esordio, solitamente al primo incontro sessuale, il decorso del vaginismo permanente è cronico, se non si intraprende, ai primi segnali, una specifica terapia con un sessuologo clinico (meglio se anche specialista in psicoterapia comportamentale).
Il disturbo, una volta instauratosi, viene mantenuto da: (almeno 1 dei seguenti)
- eventuali vaginiti, vulviti o vestiboliti ricorrenti,
- presenza di disturbi d’ansia,
- un disturbo ossessivo-compulsivo di personalità,
- un partner eccessivamente accondiscendente e tollerante (a maggior ragione se anche sofferente di disfunzione erettile o con desiderio sessuale basso),
- talvolta anche da un partner omosessuale, anche se non dichiarato.
LA VALUTAZIONE DEL "VAGINISMO"
Nel corso della necessaria valutazione clinica della paziente, il sessuologo clinico distingue, ai fini di un intervento terapeutico efficace ed efficiente, un vaginismo primario (da sempre), un vaginismo secondario (acquisito in seguito ad una condizione medica o ad un trauma manifestatosi in ambito sessuale) ed un vaginismo situazionale (in quel momento con quel determinato partner).
Inoltre il sessuologo clinico comportamentale valuta anche la gravità di un accertato vaginismo per cui si classifica un vaginismo di primo grado (lieve), di secondo grado(moderato) di terzo (grave) e anche di quarto grado (molto grave).
IL PARTNER E... LA GIURISPRUDENZA
Certi maschi, sposatisi con una donna vaginismica, sono semplicemente frustrati dalla impossibilità di penetrare la vagina della moglie.
Altri invece interpretano la difficoltà di penetrazione come un rifiuto nei loro confronti che, se persiste nel tempo, priva la coppia non solo di rapporti sessuali, ma anche della possibilità di avere figli.
In tali casi il vaginismo diventa allora un problema anche psicologico-legale dal momento che il matrimonio non viene “consumato”.
Mentre nel diritto civile la mancata consumazione del matrimonio (coniugium album), qualora dia luogo a turbamento della comunione tra coniugi può essere condizione di divorzio, per il diritto canonico, la mancata consumazione che caratterizza il “matrimonio bianco” è causa di nullità per “impedimento dirimente”, dal momento che manca alla donna una richiesta idoneità recettiva “antecedens et perpetua”, tale da permettere l’introduzione del pene in vagina e conseguente inseminazione.
IL SESSUOLOGO CLINICO COMPORTAMENTALE
Prima di iniziare le procedure (lunghe e costose) per una separazione (e successivo divorzio) “con addebiti” per matrimonio non consumato afferendo da illustri avvocati e psicologi legali, pare conveniente rivolgersi - almeno per un consulto - ad un sessuologo clinico esperto.
Infatti il vaginismo (anche di grado lieve), una volta diagnosticato, in assenza di importanti comorbilità eventualmente accertate durante la valutazione clinica, può essere curato e risolto, con ottimo successo e per sempre, da un capace sessuologo comportamentale anche in tempi molto più brevi di quanto si possa immaginare, in presenza di una normale rispondenza e partecipazione da parte della paziente, tramite specifici interventi clinici mansionali, molto efficaci, previsti dalla terapia sessuologica comportamentale.
Liberamente tratto da Paolo Zucconi, Il manuale pratico del benessere, Ipertesto editore