UN LUTTO IMPROVVISO

Il lutto rientra tra gli eventi di vita importanti, acuti ed improvvisi, (life events) che vengono visti dagli psicologi comportamentali come eventi stressanti (stressors).

Ora, l’evento stressante come tale rappresenta comunque sempre un fattore di rischio che può compromettere lo stato di benessere di una persona ancora viva. Tutti noi infatti reagiamo, utilizzando le risorse a nostra disposizione, all’evento stressante, in funzione diretta all’impatto che questo ha sul nostro stile di vita, al fine di ridurne gli effetti nocivi.

 

L’APPROCCIO IDEALE

Nella maggior parte dei casi su riesce a fronteggiare la perdita di una persona cara:

  • attingendo dal proprio repertorio di abilità cognitive,
  • facendosi una ragione realistica di ciò che è successo,
  • valutando realisticamente il danno subito,
  • adattandosi, alla fine, alla nuova situazione,
  • elaborando nuovi progetti futuri.

In tali casi, di norma, la reazione del lutto può risolversi spontaneamente con la riduzione dell’intensità della sintomatologia tra i 2 e i 6 mesi circa dal lutto subito.

 

CHE COSA SUCCEDE DI SOLITO?

Solitamente non si assiste alla remissione spontanea della sintomatologia, nel caso in cui la persona colpita dal lutto non possieda quelle abilità cognitive e comportamentali necessarie a fronteggiare, nel tempo, l’emergenza del momento.

Non tutti, infatti, possiedono un repertorio competente, cognitivo-comportamentale ed emozionale per fronteggiare eventi stressanti, improvvisi e intensi, come può essere la perdita di una persona cara.

In tale caso ci potrebbe essere il rischio che l’esperienza della perdita porti ad un progressivo peggioramento della qualità della vita della persona fino a scatenare, in persone già predisposte, l’insorgenza di un disturbo psicologico che a volte può rivelarsi più doloroso che non la subita perdita.

Infatti il meccanismo in base al quale si può scatenare una malattia mentale (ad esempio) fa riferimento al modello cognitivo-comportamentale stress/vulnerabilità.

Secondo tale modello determinati stressors, in genere connessi proprio ad una perdita, possono causare un disturbo mentale qualora la persona possieda una alta vulnerabilità psicobiologica e contemporaneamente è dotata di un basso repertorio di competenze sociali per elaborare e fronteggiare adeguatamente l’evento traumatico.

Si ritiene infatti che ogni individuo abbia, in parte ereditata ed in parte acquisita, una sua soglia di vulnerabilità biopsichica agli stressors; quando questi la oltrepassano e la persona non li affronta con un comportamento socialmente abile allora possono scatenare l’insorgenza proprio di una malattia mentale.

 

CHE FARE?

·        Se si conosce il proprio passato ed eventuali caratteristiche di vulnerabilità, conviene rivolgersi, per tempo, ad un bravo psicoterapeuta comportamentale, senza necessariamente attendere i tempi di risoluzione spontanea presentati dalla letteratura scientifica. 

·        In altri casi, anche in assenza di una chiara vulnerabilità, la persona può sentire il bisogno di ricorrere ad uno Psicoterapeuta comportamentale per ridurre al limite dell’adeguato il dolore eccessivo, anche pochi giorni dopo il lutto.

·        Chi poi non volesse attendere di essere coinvolto nell’evento luttuoso per decidere se e quando ricorrere allo psicoterapeuta comportamentale, può prepararsi anche al peggio grazie ad un programma individualizzato di “psicoprofilassi”. Un programma di psicologia comportamentale preventiva per trasferire alla persona bisognosa quelle abilità sociali necessarie a fronteggiare stressors estremi, come la morte; al tempo stesso desensibilizzarla “vaccinandola” neuropsicologicamente (murder’s stress inoculation training) per resistere meglio ad una futura perdita. Tuttavia tali procedure necessitano l’aiuto di un capace psicoterapeuta.

liberamente tratto da: Paolo Zucconi, Il Manuale pratico del benessere, Edizioni Ipertesto, pag. 448